giovedì 30 dicembre 2010

Questione cinese e Yuan

Molti di voi ricorderanno che a giugno la banca centrale cinese aveva aperto la sua politica monetaria alla rivalutazione dello Yaun contro il dollaro. Bene. Fino ai luglio tutti erano la a spulciare grafici e notizie, chi per dimostrare che fosse una mossa politica e chi per dimostrare la reale volontà dell'alta dirigenza cinese di allentare la reale sottovalutazione della sua moneta.
Ma passati ormai più di sei mesi nessuno più ne parla, ma lo scenario macroeconomico è di fatto cambiato.
Se vi prendete la briga di andare a dare un occhiata all'andamento del cambio [link], vi rendereste conto che lo Yuan si è rivalutato del 3,14%, niente male per una politica di tassi di cambio che fino a pochi mesi fa era ufficialmente fissa. Quindi le intenzioni di realizzare una seria rivalutazione sembrano confermate (anche se con notevole tranquillità per non sconvolgere l'intero export cinese che a queste variazioni non è sicuramente aiutato).
Poi, rispetto a sei mesi fa c'è una nuova nube che si muove sopra Pechino: quella nube scura è l'inflazione. Livelli così alti non si vedevano da ormai due anni e la dirigenza cinese appare assai preoccupata, visto che se l'inflazione ufficiale è sul 5%, sui soli prodotti alimentari sembra sia sul 12-15%! Quindi, visto questo altro scenario che è venuto a crearsi, la rivalutazione dello Yuan sembra avere ancora più senso. 
  1. Una moneta più forte attenuerebbe l'impetuosa crescita che è ripartita anche troppo impetuosamente. Questo di fatto aiuterebbe anche l'inflazione che si dovrebbe perlomeno stabilizzare.
  2. D'altro canto, una moneta forte permette alla cina di poter importare molti più beni di quelli che si possa permettere oggi. E visto la grande fame di numerosi beni (da non sottovalutare anche quelli alimentari, per i quali spesso la domanda eccede l'offerta), il cinese medio potrebbe garantirsi un maggiore potere d'acquisto, e di riflesso una minore inflazione.
La rivalutazione cominciata non più di 6 mesi fa si sta dimostrando reale, e questa importantissima apertura cinese porterà a sconvolgenti ripercussioni in tutto il globo. E forse, con questa loro mossa, le prossime crisi potrebbero essere anche attenuate, garantendo così il ruolo da primato che la Cina si aspetta da ormai centinaia di anni.

mercoledì 29 dicembre 2010

M3 alla riscossa, anche se ancora su un piccolo pony!

Il M3 continua da giugno a crescere (rispetto ai dati dello scorso anno). Un segnale questo sì veramente importante, perché gli aggregati sono molto meno elastici alla loro risposta alle variazioni di mercato, e se girano positivamente, il loro trend continua per altri parecchi mesi prima di girare. Note Ne è una prova il percorso che ha fatto la variazione annuale dal picco del novembre 2007, passando in poco più di 2 anni e pochi mesi da un + 12,7% ad un –1,16%. Però ora le carte in gioco sembrano cambiate e tutto confermerebbe una stabilizzazione della sua crescita.

Questa corsa però genera delle implicazioni: più M3 = più inflazione? Dal grafico si vede infatti che l’inflazione è ripartita molto prima del M3 ( è successo anche in passato). Ma ora che il ritmo si è ripreso con molto vigore, cosa ci si può aspettare dall’inflazione? Eh, questione dura da risolvere, perché le previsioni deflattive sono ancora (e sempre più insistentemente) sulla scrivania di J.C. Trichet, e strozzare troppo presto l’intervento monetario potrebbe di fatto avverarle.

Proviamo allora noi, con i pochi e grezzi dati che siamo in grado di ottenere dal database della Ecb, a ricostruire uno scarno metodo previsionale, che lega la variazione del M3 con l’inflazione. E questo ne è il risultato.Note1 Il dato pubblicato oggi (+1,9%, dato sopra le attese), porterebbe, secondo questo schema, a prevedere un’inflazione annua del 1,20%, sottostimato rispetto all’attuale tasso del 1,90%. In fin dei conti una più che accettabile stima, visto i dati grezzi che tutti noi abbiamo a disposizione. Se poi andiamo a calcolare la media del M3 dal 1980 ci si accorge che è sempre viaggiato sui 7-7,5%, che se inseriti sul grafico indicherebbero un’inflazione media del 2%, la quale si è effettivamente verificata, dato che la sua media negli ultimi 30 anni è stata sui 2-2,5%.

Se allora stimiamo che al massimo nel corso del prossimo anno la crescita dell’aggregato monetario si aggiri sul 6 %, l’inflazione massima che si ci può aspettare 1,8-1,9%, con un tetto massimo del 2,5%.

martedì 28 dicembre 2010

Scorte di barili e dow Jones: due amiconi!

 

E’ dallo scorso agosto che non ho più ripreso in mano i grafici delle scorte di petrolio, e proprio stamattina mi sono venute sotto mano e ci ho “giocato” un po’ sopra: eccone i risultati.

  • Era dallo scorso marzo che le scorte “diminuivano” (*). Sicuramente un ottimo segnale visto l’”eccesso” (*) che si è registrato negli ultimi 2 trimestri. Però, se confrontati con gli scorsi anni sotto Natale si è sempre registrato questo picco e quindi potrebbe essere solo un effetto stagionale.
  • Fortunatamente, il picco delle scorte registrato nel momento più buio della crisi (aprile 2009) non è stato superato, il che non dice nulla di per se, ma conferma almeno una tendenza.Note
  • Ho voluto includere anche il dow jones (verde) per evidenziare l’implicazione che le scorte hanno sull’andamento borsistico. Infatti i più importanti picchi (aree rosse positive) combaciano con importanti affondi negativi dell’indice. Per cui, visto il passaggio in negativo della media, siamo quasi in grado di confermare che almeno per il prossimo mese grandi scossoni negativi non potranno avvenire, almeno in America!

(*) Con diminuzione intendo che vi è una differenza negativa tra l’ultimo valore rilevato e la sua media annuale (48 settimane). Quindi è solo un valore relativo e non assoluto. Per eccesso invece intendo l’esatto opposto.

sabato 25 dicembre 2010

Jobless Claims e problema occupazione

Note

I dati provenienti ultimamente dai jobless claims sono molto positivi. Infatti sono stati rotti importanti trend e, almeno per quanto riguarda le richieste, l’andamento occupazione sta migliorando nettamente.

Peccato però che il JC non è un reale indicatore occupazionale, ma serve solo a evidenziare un trend, e valori come quelli registrati negli ultimi mesi non sono di netto miglioramento, ma di sostanziale stabilizzazione.

Note1

Infatti sono i livelli occupazionali a tener banco. E anche quelli forniti a livello nazionale indicano un quadro assolutamente agghiacciante. Dal picco della crescita occupazionale (che è a più di 3 anni di distanza, fissata a novembre 2007) si sono persi 7.595.000 di occupati e il grafico rimane inquietante! E Obama non ha sicuramente migliorato la situazione, perché dal suo insediamento sono stati persi 3.333.000 posti di lavoro in quasi 2 anni. Note2

E con tassi di disoccupazione ancora sopra il 9 % da Maggio dello scorso anno, è ben difficile smuovere la situazione di stallo occupazionale.

è dal fronte occupazionale quindi che arrivano i segnali più preoccupanti per il rischio di double dip, che si può ammettere tranquillamente, non è mai di fatto svanito come eventuale proiezione economica.

domenica 19 dicembre 2010

Imz Dicembre 2010

Dato ancora soprendente per il superindice sul sentiment. Continua la sua ascesa dai minimi di ottobre. Ma siamo ancora più bassi del livello dello scorso agosto, quindi ancora in territorio negativo. Il grafico per i prossimi giorni

domenica 28 novembre 2010

Piigs secondo Ocse

 

Dai dati del Cli (superindice dell’ Ocse) paiono ormai consolidati diversi trend. Ecco un mio personale tentativo di elencarli (limitatamente ai paesi Piigs e Germania)

  1. solo la Germania da febbraio dello scorso anno continua a crescere senza soluzione di continuità (infatti in questi giorni di crisi, il Dax ha continuato a crescere mentre i Piigs facevano fatica a chiudere in pareggio);
  2. l’Italia, come la Grecia, ha raggiunto il suo picco del ciclo  economico tra ottobre 2009 e gennaio del 2010. Altro che recupero, la strada per l’Ocse è per ora consolidamento con view negativa (anche la Cina ha seguito un trend simile);
  3. tra agosto e settembre l’unica nazione tra i Piigs che ha registrato un andamento negativo è stato il dato italiano.
  4. il punto più importante: perché il nostro primo ministro non enfatizza più il superindice dell’Ocse, specialmente a riguardo del dato Italiano?
Note

venerdì 26 novembre 2010

Pretty Soon We Need To Start Talking About Italy

Qualcosa comincia a scricchiolare... (fonte themoneygame)

Pretty Soon We Need To Start Talking About Italy: "
Remember Portugal and Spain?

Just kidding, they're front and center, but pretty soon we need to start talking about the next round of trouble spots: Belgium is one, though the big one is Italy.

We won't go into it too much now, but remember, it is the second 'I' in PIIGS, so it's always been in the mix.

This chart of 2009 government balances should remind you why:

italy

So will the crisis actually spread?

That's the subject of this piece by economists Paolo Manesse and Giulio Trigilia at VoxEU.

The good news is that despite the dizzying numbers, the markets haven't focused on Italy just yet.

Here's where it stands on the CDS front:

italy

But with that much debt, and anti-austerity protests raging, it's only a matter of time...
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"

Imz novembre 2010

Zew

Positivi i dati dell’ultimo mese per la fiducia dei consumatori globali, che rimbalza dal minimo degli scorsi mesi. Rimane però ancora una situazione di stallo, visto gli avvenimenti delle ultime 2 settimane, specialmente in zona euro.

sabato 13 novembre 2010

Tremonti ci rende un po' più sicuri

Proprio ieri, postando la notizia dell’imminente rischio di default dell’Irlanda, il riferimento alla situazione dei conti pubblici italiani era doverosa. Oggi, tra l’altro, sono usciti importantissimi dati macro per l’Italia che possono chiarirci meglio l’attuale situazione.

  1. La crescita sta rallentando e su base tendenziale (in confronto con lo scorso anno) siamo già in presenza di un picco. Questo pone seri dubbi sulla tenuta dei conti pubblici, che risentono inevitabilmente dell’andamento economico generale.
  2. Il debito che continua incessamente a crescere, toccando i 1.884,4 miliardi di €.

Però su quest’ultimo punto che un però. Se analizziamo gli ultimi 3 anni, notiamo infatti una tendenza che ci tutela almeno dal rischio di “attacco al debito italiano” da parte di investitori esteri: il tasso di crescita del debito continua a ridursi.

Note

Dal + 8% registrato durante l’apice della crisi si è scesi lentamente al +3,25%. Certo, cresce ancora, ma ci stiamo avvicinando ai tassi più moderati di crescita del 2008. Certamente un forte segnale macroeconomico per la nostra economia. Però è e rimane un piccolo lume di speranza nella pessimistica visione che continuo ad avere per l’economia mondiale per i prossimi 2 anni.

martedì 2 novembre 2010

Monteforte (VR): emergenza alluvione

Video realizzato dal sottoscritto sull’emergenza nel Veronese per l’esondazione del fiume Alpone.

domenica 31 ottobre 2010

IMZ di ottobre e questione double dip

L’imz, nonostante i buoni dati macroeconomici generali, continua la sua discesa con il sesto dato negativo consecutivo.

Zew

Questo dato continua a confermare la visione di un possibile rallentamento economico a livello globale, che per ora solo pochi mettono in preventivo.

Per cui ho provato a mettere in relazione il dato sul sentiment americano (il Michigan Sentiment Index) con il Pil americano, e ne è venuto fuori che, se confrontiamo le variazioni annuali, per avere una variazione di Pil negativa, il sentiment dovrebbe ridursi di circa il 19% (cioè passare dagli odierni 67,7 a 55 – 54).

Infatti ora, la variazione del MI è di circa il –4% rispetto lo scorso anno, e si utilizzasse la regressione lineare, la variazione del Pil nei prossimo trimestre dovrebbe aggirarsi al 1,1%, ben distante da 3% annunciato la scorsa settimana. Staremo a vedere…

domenica 24 ottobre 2010

Euribor Ottobre 2010

L’euribor, come si era già osservato gli scorsi mesi, è continuato a salire. Le scadenze più brevi hanno visto forti impennate, che poi si sono riflettute sulle scadenze più lunghe, il 3 mesi in primis.

Note

L’improvvisa crescita è cominciata a partire dal primo ottobre, per poi seguire un andamento parabolico che non si è ancora fermato. La velocità per il 3 mesi è elevata ma non ancora ai massimi, il che potrebbe garantire per ancora altre 2-3 settimane il raggiungimento del 1,050.

sabato 25 settembre 2010

Superindice IMZ: settembre 2010

Note

Dato sulle IMZ sempre in picchiata da Aprile, segno che la fiducia sta svanendo. Quindi attenzione ai mercati perché la fiducia ha sempre preceduto i movimenti azionari.

venerdì 24 settembre 2010

Aggiornamento sull’andamento del debito pubblico italiano

Note

Un debito che continua a crescere quello italiano, certo. Ma almeno a ritmi molto più controllati. Certo che dallo scoppio della crisi “finanziaria” si è gonfiato di un 12%, non bruscolini…

mercoledì 25 agosto 2010

Il Superindice IMZ

Oggi me ne esco con una mia “creazione”: il superindice IMZ sulla sentiment economico dei mercati. E’ ancora in fase di test e potrebbe subire modifiche, ma voi cosa ne pensate?

Ah, volete sapere da cosa è composto? Se sarà un buon indicatore, lo svelerò! :P

 

Superindice IMZ a agosto 2010Note

sabato 21 agosto 2010

Settimana di fuoco!

Partiamo dalla cassa integrazione italiana…

Cassa integrazione totale operai

Alla faccia della ripresa: la cassa integrazione è ancora sui massimi. Quelle 96 milioni di  ore che per gli operai hanno rappresentato il picco del marzo scorso sono ancora vicine. Oggi infatti, al mese scorso (luglio 2010) ci aggiriamo sulle 90,2 milioni di ore, ben 28% in più del luglio dello scorso anno. Per non parlare degli impegati: per loro le ore sono aumentate del 53% in un anno!

…continuando con le richieste di disoccupazione americane che toccano quota 500.000 (nel riquadro)…

Note

…concludendo con le scorte di greggio americane, che dal marzo 2010 sono in eccesso, quindi non assorbite dall’economia più “assetata” di olio nero (area rosa).

Note1

Visto tutto questo, per voi c’è da stare ottimisti o pessimisti?

venerdì 6 agosto 2010

Pil Usa nei particolari

Dal sito governativo americano http://www.bea.gov/, ho ottenuto l’ultima lettura del Pil americano per il secondo trimestre 2010, e volevo rivedere con voi alcuni aspetti salienti (non mi metto neanche a discutere delle revisioni continue che questi dati subiscono ogni mese, visto che molti blogger hanno a lungo esaminato tali aspetti).

Cominciamo dai consumi privati. Note

In via tendenziale credo si possa tranquillamente affermare che il boom dei consumi non sia nè successo nè sta avvenendo. Ciò infatti rispecchia la brutta situazione del mercato del lavoro, il quale è da mesi impaltanato in una brutta situazione, che si riflette infatti sui consumi, che nel Q2 2010 sono aumentati del 1,15% rispetto al disastroso anno scorso.

Continuamo poi con gli investimenti privati.

Note1 Personalmente ritengo l’andamento degli investimenti privati il più importante dato che il Pil possa esprimere. Infatti gli investimenti si dividono in 2 categorie,

gli investimenti fissi divisi tra:

  1. Non residenziali
  2. Edifici
  3. Software e apparecchiatura
  4. Investimenti residenziali

e la variazione delle scorte di magazzino. Focalizziamoci su quest’ultima. Per 2 trimestri consecutivi (4Q 2009 e 1Q 2010) ha registrato impennate importanti, vicine al 3%. Poi però, in quest’ultimo trimestre, vi è stata una caduta e dal 3% si è passati all’1%. Il dato complessivo degli investimenti si è comunque mantenuto forte grazie al controbilanciamento degli investimenti fissi, che non aumentavano con un tale impetito da periodi antecedenti il 2005.

Però il dato delle scorte pone seri dubbi sulle prospettive future. Molti, tra economisti e blogger, hanno sostenuto che l’attuale “ripresa” è guidata da due fattori, che non posso autoalimentarsi per molti trimestri. Questi 2 fattori sono:

  1. gli aiuti statali e gli interventi pubblici (ne abbiamo già visto i rischi e le eventuali conseguenze)
  2. ripristino dei magazzini a seguito della crisi dei consumi.

I dati parlano infatti chiaro. Apparte il punto 1. , il punto 2. sembra effettivamente la spiegazione più attendibile che si possa dare a questa ripresa. Riguardiamo i dati. Per 8 trimestri (2 anni) le variazioni hanno registrato trimestre dopo trimestre variazioni negative, poi, dal 3Q 2009 hanno ricominciato a crescere. Ad ora siamo al 4° trimestre consecutivo di crescita (cosa che non si è mai verificata dal 2005), voi pensate che sia sostenibile una crescita esponenziale delle scorte con i consumi privati “congelati”?

Chiudiamo questa analisi con la contribuzione di ogni macrovoce al Pil totale.

Note2Due qui sono le tendenze da evidenziare.

  1. Nonostante gli sforzi del presidente Obama e del suo entourage, l’America dipende sempre di più dai consumi privati, ed è una tendenza che è destinata a crescere, visto che dal 2005 siamo passati dal 69,8% al 70,4%.
  2. La forza compressione degli investimenti privati, la vera nota negativa di questa crisi. La loro compressione (dal 17,7% al 12,7%) si è fatta sentire e si farà sentire, visto le implicazioni che gli investimenti hanno sul futuro economico, politico e sociale di una nazione sviluppata.

Chiudo con una considerazione. L’economia Us tiene, ma comincia a mostrare qualche crepa. Il dato principale da tenere sotto osservazione sono le scorte di magazzino. Se continuasse a rallentare, o ancor peggio, passare in negativo, i segnali comincerebbero a diventare conferme…

giovedì 5 agosto 2010

Ogni tanto qualche buona notizia

Note Finalmente, da novembre scorso,anche la massa monetaria M3 in Europa è cominciata a crescere. Il suo rallentamento era cominciato parallelamente alla crisi, infatti il suo picco lo si raggiunse nel dicembre del 2007, e ormai siamo a 3 anni di distanza.

Se la variazione annuale del M3 passa in positivo è un buon segno, perché, detta in parole povere, “comincia a circolare più ca$h!”

Quindi rimaniamo in attesa dei prossimi dati che giungeranno verso la fine di agosto per valutarne più efficacemente la sua evoluzione.

mercoledì 4 agosto 2010

La sentinella non ascoltata…

image

Assets illiquidi, o cosiddetti non performanti in percentuale a tutti gli impegni bancari, in percentuale per nazioni.

Tante volte, guardarsi in giro qualche anno prima se ne avrebbero scoperte di cose…

venerdì 30 luglio 2010

Sistemi ferroviari del mondo

img002 Costi di trasporto, confronti.

 

E come al solito, l’Italia e Trenitalia ne vengono fuori malissimo!

giovedì 29 luglio 2010

Deficit o debito/pil?

Qui sotto potrete divertirvi a vedere l’andamento negli ultimi nove anni dei deficit nazionali rapportati al rapporto debito/Pil. Prima però volevo fare qualche considerazione.
Analizziamo le nazioni che sono agli estremi di questi due valori, individuando le nazioni con rapporto debito/Pil maggiore di 75% e deficit sotto sopra il 5% (il deficit per definizione è negativo), sempre con riferimento ai dati del 2009.
Costruiamo una tabella per vederci meglio.

Nazione Debito/pil > 75% Deficit > 5%
Italia 116 %   5,3 %
Grecia 115 % 13,6 %
Irlanda OK 14,3 %
Belgio 96,7 % 6 %
Francia 77,6 % 7,5 %
Portogallo 76,8 % 9,4 %
Ungheria 78,3 % OK
Spagna OK 11,2 %
Regno unito OK 11,5%
Irlanda OK 14,3 %
Olanda OK 5,3 %

Il mercato infatti, a maggio di quest’anno, alla fine dove ha puntato il coltello? Sulla Grecia appunto! Debito elevatissimo e deficit anche esso elevato (è poco meno di 1/3 di quello italiano, quando il debito greco in € è 1/6 di quello italiano!).
 
CDS al 26 Luglio 2010

 
Ora provando a fare una previsione, quale potrebbe essere la prossima (o le prossime nazioni) che potrebbero incorrere in altre speculazioni?
Credo che la candidata sia solo una nazione: la Spagna. E’ L’unica delle grande nazioni europee che non è ancora uscita dalla recessione (il primo trimestre lo ha chiuso a –1,3%, contro il + 0,5% italiano), il tasso di disoccupazione è sempre più alto (19,9% in maggio 10), possiede un settore bancario vicino al collasso (vedasi risultati dello stress test) e presenta un aumento sconsiderato del debito pubblico, nonostante rimanga ancora sotto il 75%. Tutti dati che presagiscono una situazione turbolenta per la nazione che, negli ultimi anni, almeno sportivamente ha dominato in Europa e nel mondo. Speriamo solo di non rivederci di nuovo a riparlare della Spagna fra un paio di mesi, perché poi il secondo obbiettivo diventeremo noi….

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Istruzioni per la lettura del grafico qui sopra.


martedì 27 luglio 2010

Fiducia, alcuni segnali da non confondere….

Settimana scorsa, tutte le agenzie, Ansa in primis, hanno sottolineato il forte balzo che l’indice Ifo ha registrato a Luglio. Un balzo che, se confrontato con lo stesso Zew, fornisce indicazioni nettamente opposte. Ma vediamo di schiarire la nebbia e le idee.

Questo che vedete è il grafico, a partire dal 1991, dei due indicatori tedeschi, lo Zew e l’ Ifo.

Note4Tendenzialmente, tutti e due seguono il ciclo economico, e segnano correttamente le fasi di ripresa e rallentamento economico. Il fatto è che lo fanno con un tempismo molto diverso. Lo Zew, infatti, già a novembre del 2008 cominciava a rimbalzare dai suoi minimi, mentre per l’Ifo il minimo si è registrato a febbraio 2009 (3 mesi di differenza). Facendo quindi i dovuti raffronti, è facile aspettarsi già dal prossimo mese una netta inversione dell’Ifo, visto anche l’intensità che ora sta dimostrando nel suo avanzare, che rappresenta il massimo dalla sua creazione (per intensità intendo la differenza percentuale dell’indice rispetto ad un anno fa, che al dato di luglio si aggirava al 22%. Sotto si può vedere tale differenza confrontata con quella del Michigan, che può venir rappresentato come il fratello statunitense dello Zew, che infatti sta girando in negativo).

Screenshot_2

domenica 25 luglio 2010

Debiti pubblici in Europa: quanto sono cresciuti dal 2007?

Grafico interessante quello che vi propongo oggi. Si tratta di un estratto della banca dati PEEI (eurostat), il quale fornisce annualmente un aggiornamento riguardo lo stock di debito pubblico di ogni nazione Europea. Partendo dalla media dell’Eurozona (19,20% di crescita dal 2007, anno di scoppio della crisi) è facile notare chi si è indebitato di più e chi di meno, relativamente allo stock di partenza del 2007. Note3Per avere una lettura più corretta, bisogna sempre ribadire che ogni nazione partiva da livelli di debito/pil molto diversi tra di loro (esempio lampante è il confronto tra Italia e Spagna, per la prima sopra il 103,5%, per la seconda 36%) e quindi chi era a livelli minori ha potuto accedere più facilmente al debito per sopperire alle inevitabili cadute delle entrate fiscali, ma giustificare un esplosione di quasi il 40% (caso Spagnolo) in un solo anno dovrebbe preoccupare.

Come a preoccupare molto dovrebbe essere la Gran Bretagna. Anche lei non naviga su acque limpide e in presenza, tra l’altro, di un deficit vicino all’11,5% non credo che il mercato nei prossimi mesi sarà molto “gentile” con le sue aste di gilt.

download (1)

Ricordiamoci sempre un motto di un grande economista, J. M. Keynes, che oggi rispecchia sempre più la situazione che si va a profilare:

“il mercato azionario può rimanere irrazionale più a lungo di quanto tu possa rimanere solvibile”

sabato 24 luglio 2010

Debito pubblico: conoscerlo per saperlo interpretare

La questione del debito pubblico è una argomento molto interessante da analizzare. Il debito infatti rappresenta, principalmente per gli stati, la via più semplice per il finanziamento del proprio fabbisogno.

L’Italia, insieme ad altri stati come il Giappone, rappresenta la migliore cavia su cui poter discutere di debito pubblico, specialmente in un periodo in cui, oggi, ogni debito sovrano è a rischio default.

Analizziamo da un punto di vista storico il debito italiano, che ricordo, dalla riunificazione ad oggi non è mai incorso in un default.

Note

Da un analisi prettamente storica, si riescono a delineare diversi aspetti che molti di noi sicuramente o non conoscevano o sottovalutavano. Ora provo ad elencarli.

  1. La prima forte impennata del debito pubblico la si è avuta con lo scoppio della prima guerra mondiale, dove il debito è cresciuto nei primi mesi del 1920 del 80% rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente.
  2. L’unico periodo in cui la nostra repubblica ha visto una riduzione del debito è stato in concomitanza con l’avvento del fascismo e tutti gli interventi attuati dal governo fascista verso la metà del 1920. Da ricordare la battaglia del grano e “quota 90” per una lira più forte. Da osservare che nonostante la crisi del 1929, il debito è continuato a calare.
  3. Dopo questo periodo di assestamento dei conti, la guerra inevitabilmente ha portato un nuova esplosione del debito, anche se di minore entità rispetto alla grande guerra.
  4. Dal dopoguerra fino al 1960 (periodo del vero boom economico) c’è un lento  ma costante contenimento della crescita del debito, che comunque continua a crescere.
  5. Per 15 anni, dal 60 al 75, avviene di nuovo un esplosione del debito che ancora oggi sta azzoppando la nostra economia (ormai tutti gli studiosi concordano su questo).
  6. Negli ultimi due decenni i tentativi di ridurre il debito non sono mai riusciti, ma si è assistito ad un forte e preciso contenimento della crescita, principalmente per entrare nell’area dell’euro.

In questi ultimi due anni (dati aggiornati a maggio 2010), la crescita del debito si è mantenuta su livelli pressoché stabili, nonostante la crisi (vedi grafico sotto).Note1  Ma le osservazioni più interessanti vengono dal confronto dei debiti dei diversi stati europei, in cui vi è una forte evidenza che, in questi ultimi anni, l’Italia ha mantenuto le redini ben salde. Infatti se ci limitiamo a osservare la crescita percentuale del debito pubblico dal 2007 al 2009, l’Italia è stata il paese europeo più prudente con un aumento che si è limitato ad un 10% (vedi grafico sotto).Note2

Certamente, da un punto di vista nominale, la Spagna, l’Olanda e l’Irlanda contano meno, ma siamo sicuramente consci che anche un loro default, per via della moneta unica, scatenerebbe serie conseguenze anche alle nazioni più prudenti.

Note5  Note4

Questa analisi, quindi, ci ha indicato molte vie per poter capire come bisogna muoversi nel commentare la situazione debitoria di qualsiasi paese del mondo. Abbiamo capito che alche il semplice confronto di debiti pubblici di paesi diversi può portare a conclusioni molto spesso affrettate. Anche il nostro bel paese, che da molti viene definito tra i PIIGS, dalle mie osservazioni non sembra poi venirne fuori così malconcio. Anzi, dovremmo essere forse presi ad esempio per quello che è stato fatto da Tremonti negli ultimi due anni. Nessuno vorrebbe avere le responsabilità che lui ogni giorno deve sobbarcarsi, ma nonostante questo la sua figura gli permette anche di bacchettare (giustamente) tutti i vari paesi che “parlano bene e razzolano male”. Un esempio? Leggetevi questo articolo di Panorama: quello che è riuscito a cambiare Tremonti nel futuro “patto di stabilità” avrà conseguenze enormi per moltissimi stati europei.

Articolo di Panorama: debito privato, non solo pubblico

Nella pagina “I miei fogli di lavoro”, ho aggiunto il foglio excel con cui ho disegnato questi grafici. Spero possa servirvi.

giovedì 22 luglio 2010

Scorte di petrolio? Dicono rallentamento economico

L’Eia, l’ente internazionale per l’energia, fornisce settimanalmente i dati delle scorte di petrolio degli stati uniti d’America. La serie comincia dal 1982, ma per questioni di praticità ho ridotto la serie dal 1998, come si vede dal grafico qui sotto.
La linea blu, come detto, rappresenta l’andamento delle scorte di magazzino (in milioni migliaia di barili, scala a sinistra). Più le scorte sono maggiori e più i consumi e quindi la crescita sono ridotti, quindi valori superiori indicano rallentamento economico mentre valori inferiori indicano ripresa economica.
L’area rosa, invece, indica semplicemente la differenza tra il dato delle scorte e la media delle scorte dell’ultimo anno (ho eliminato la scala per questioni di semplicità). Come per le scorte, anche quando questa è positiva indica rallentamento, mentre quando è negativa indica crescita.Note2
La situazione è veramente interessante. I due picchi delle scorte sono combaciati con l’apice della crisi (se confrontati con gli indici azionari) e la differenza con la media mobile indica ancora la contrazione. E’ da ormai più di un mese che si presentano segnali di rallentamento, e anche le scorte sembrano averlo previsto, come lo stesso Pci della Ucla Univ.
Quindi anche per i dati sulle scorte di magazzino siamo di fronte a un rallento, che nelle ultime due settimane risulta in diminuzione. Un altro segnale che ci suggerisce la possibilità non più remota di un double dip (come io personalmente ritengo)?

mercoledì 21 luglio 2010

C’è ancora un po' di fiducia?

Note Un esempio lampante che qualcosa non va? Diciamo semplicemente che l’avvertimento per le due sponde dell’oceano è un avvertimento molto preoccupante: siamo tornati indietro di quasi un anno per il Michigan e 15 mesi per lo Zew. Son segnali da non sottovalutare!
 Note1 Poi, se guardiamo la variazione annuale, le questione si complicano ancora: la variazione in negativo (ci siamo vicini) potrebbe prevedere notevoli cadute. Ricordiamo infatti che storicamente, passando in negativo la variazione, si arriva quasi certamente ad almeno un rallentamento economico. Una prova storica? Ad agosto 2007 la variazione della fiducia americana passò in negativo, e sappiamo poi bene quello che è successo…

martedì 20 luglio 2010

Oecd Composite Leading Indicators: “slower expansion”

 

Ebbene sì, questo è il risultato di un’altra analisi redatta dalla conosciutissima Ocse (Oecd in inglese). Interessantissimi alcuni passi della pubblicazione, tra cui si osservano

“Picchi del ciclo di crescita sono emerse in Francia, Italia, Cina e India e segnali di un picco stanno emergendo in Canada, Regno Unito e Brasile. Il CLI per la Germania, il Giappone, gli Stati Uniti e Russia continua ad indicare che l'espansione dell'attività in corso rischia di essere mantenuta, ma probabilmente ad un ritmo più lento.”image

E’ la stessa situazione del periodo pre crisi. Le grandi locomotive tiravano (Germania) e i vagoni continuavano a campare proprio grazie alle inarrestabili locomotive. E quando la locomotiva si è fermata, abbiamo visto tutti le ripercussioni che si sono allargate persino ad un interno continente. E se anche questa volta non fosse diverso e la locomotiva ritornasse al capolinea?

domenica 18 luglio 2010

Sarà veramente un “Double dip”?

Gli ultimi dati e i grafici che avete potuto osservare su questo blog certamente pongono seri dubbi sulla continuazione della ripresa, che sembrerebbe trovare il suo punto di rallentamento proprio nei prossimi mesi per rallentare definitivamente nel 2011. E segnali come ogni volta che si presentano davanti a situazione del genere ci sono tutti: mercati che hanno fatto i loro massimi a marzo (se non giàa novembre), indicatori sull’occupazione che indicano un forte rallentamento e Leading indicators europei che già ora segnalano rallentamento.

A questo punto, risulterebbe già certo almeno un rallento deciso della crescita (non intendo una recessione, un semplice rallentamento). Ma in questa situazione che si è venuta a creare, anche un semplice rallentamento provocherebbe una seconda recessione che potrebbe eguagliare se non superare la magnitudo di quella culminata con il collasso di Lehman Brothers. L’aspetto che determinerebbe tale peggioramento è evidente: gli Stati, specialmente in Europa, sono già alle prese con tentativi di contenimento del debito (dal 2007 al 2009 il debito degli stati europei è aumentato del 40%, dato che potrebbe ancora crescere fino a quasi raddoppiare nel 2010 viste le osservazioni statistiche dell’economista Rogoff) e della spesa corrente (la cosiddetta “austerity”) e lo scenario che si verrebbe a creare in caso di recessione sarebbe tragicamente negativo, perché non ci sarebbe più le possibilità di appellarsi al’ ”finanziatore di ultima istanza” (che sarebbe lo Stato) per salvare aziende, banche, istituti e l’economia in generale. Per non pensare poi ad un eventuale default di un medio-grande paese Europeo, che generebbe inoltre forti speculazioni valutarie e una fuga verso altre valute, che non necessariamente sono più sicure della nostra moneta. Per poi non dimenticare le banche centrali, che hanno di fatto giocato ormai tutte le carte e sono già infangate nella famosa trappola della liquidità

Bisogna rendersi conto che uno scenario del genere, nonostante la sua tragicità, è fortemente plausibile. La ripresa che stiamo e abbiamo vissuto in quest’ultimo anno è stato solo frutto del più semplice interventismo statale, che già oggi ha visto inesauribilmente il suo esaurirsi.

Sarà una W quindi, il cosiddetto “Double Dip”? La speranza ogni giorno svanisce e ogni notizia sembra confermarlo. Poi preoccupa ancora il forte indebitamento che l’America ancora soffre. La crisi non lo ha nemmeno attenuato, anzi si presenta in questi giorni ai livelli del Pre-Lehman. Spero proprio di riceve notizie e analisi che smentiscano in ogni punto la mia analisi, ma ogni momento che passa ogni tassello del puzzle trova il suo posto. Spero proprio che vi siano tasselli mancanti, così il puzzle non potrà mai avere compimento.

image Volume delle ricerche contenente il termine “Double Dip”

sabato 17 luglio 2010

Pci by UCLA University

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Dall’istituto Ceridian un nuovo Leading indicator che potrebbe schiarire la nebbia che in questi ultimi mesi rende offuscato ogni tentativo di previsione economica.

Il Ceridian-UCLA Pulse of Commerce Index™ (PCI) by UCLA Anderson School of Management, mira a registrare le variazioni dei consumi di combustibile all’interno degli Stati Uniti. Ora la stessa UCLA avvisa i lettori che questa battuta d’arresto dell’ultimo mese non significa inevitabilmente “Double Dip”, ma se due indizi cominciano a fare una prova…

venerdì 16 luglio 2010

C’è qualcosa che stona?

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Lo chiedo a voi, notate qualcosa che stona? Se andiamo poi oltre (i dati sono forniti dal Conference Board), nel commento della situazione americana troviamo questo passaggio:

We project a serious slowdown in European growth in 2011, which could further weaken the U.S. outlook

C’è da preoccuparsi, difficilmente il LEI (leading economic index) sbaglia le previsioni.

Poi altro aggiornamento sull’Eurocoin.

imageSono già due indicatori che rispecchiano la reale situazione almeno Europea. Rischiamo seriamente il “double dip”?

giovedì 15 luglio 2010

Immobiliare americano: confronti con la storia

Verificare l’andamento immobiliare non è certo semplice. Scegliere le città e i tipi di immobili comporta inevitabilmente diverse misure di confronto che servono solo a confondere ancora di più. Ma un noto economista, Robert Shiller, ha risolto tale problema, creando il famosissimo, Case Shiller Index, un “osservatorio immobiliare” che comprende i dati da fine 1800 ad oggi. Un lavoro bellissimo, anche perché disponibile dalla pagina del professore presso la Yale University [link].

Note

Il picco del mercato immobiliare americano, come si ricorderanno in molti, è avvenuto nel 2006 e gli avvertimenti di crisi bancarie cominciarono verso marzo 2007, alla pubblicazione di alcune trimestrali bancarie non convincenti (pff, vado a memoria).

Son passati quattro anni, abbiamo assistito al default della Lehman Brothers, a cadute del Pil che ci hanno riportato indietro di 20 anni o più. Ma la causa scatenante della crisi (bancaria e finanziaria) come sta “messa”?

Prendendo spunto da una fonte autorevole, This time is different, di Rogoff-Reinhart, dove esiste un interessantissimo capitolo sul mercato immobiliare con molti esempi, si è osservato che mediamente la durata della caduta dei prezzi immobiliari si attesta dai quattro ai sei anni (Giappone a parte). Dal picco, inoltre, l’intensità del calo si attesta ad un –33%, che rientra anche esso nella media storica (uno dei massimi appartiene Hong Hong nel 1997, mentre la grande crisi del 1929 fece “crollare” il mercato di un –12,6%, ma tale discesa durò per ben 7 anni).

Rientriamo sulla storia, quindi, neanche questa volta era differente, tutto era prevedibile. Quindi aspettiamoci ancora cali del Case Shiller Index, davanti a noi potremmo avere ancora due anni difficilissimi.