venerdì 26 marzo 2010

Euribor sempre più giù

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L’euribor continua la sua discesa senza soluzione di continuità. L’ultima rilevazione dell’Euribor 3 mesi si è registrata a 0,637, minimo storico di sempre.

euribor La storia economica ci insegna, però, che nessun andamento risulta costante nel tempo, ma entro certi limiti temporali ogni trend viene ribaltato, almeno nel breve termine ( inteso sul lungo periodo, cioè 2-3 anni). Per questo risulta interessante osservare come e quando potrebbe esserci questa inversione di tendenza, che dalla maggior parte dei mutuatari non viene certamente auspicata.

Il grafico sopra dimostra che negli ultimi 6 mesi l’euribor si è incagliato in una fascia di “prezzi” storicamente bassa (rimarco il minimo storico appena fissato alla data della pubblicazione del post) e sembra non volersi più di tanto muovere, ne verso una risalita e nemmeno verso il basso.

Di fatto, dunque, c’è ben poco da aggiornare, la situazione si può benissimo definire in stallo, cosa che tra l’altro descrive correttamente la situazione economica attuale, che vede numerosi aspetti positivi, come l’arresto della crescita della disoccupazione e altrettanti negativi, specialmente per quanto riguarda il settore immobiliare.

Detto questo e rielaborando i dati, mi sento in grado di prevedere che entro i prossimi 3 mesi (comunque non più di 6) l’euribor comincerà una lenta strada verso la risalita, di cui però non sarei in grado di fornire un target preciso. Questo è il grafico che mi permette di affermare tale mia previsione.

vareuribor

La linea rossa, per rendere il concetto semplice, indica essenzialmente l’intensità della variazione dell’euribor. Come si può notare, il picco della violenza ribassista si è registrato nel marzo dello scorso anno (2009). Dal quel picco poi, lentamente l’intensità si è affievolita e per più volte stava per passare in positivo, movimento però sempre “murato”. I tempi però sembrano maturi e l’intensità sta diventando meno volatile.

Quindi rimarco ancora il mio suggerimento: se dovete investire su obbligazioni indicizzate sull’euribor avrete delle maggiori soddisfazioni nei prossimi anni. Se invece volete indebitarvi, le cose son ben diverse. eurirseuriborInfatti, la scelta tra tasso fisso e variabile è una brutta decisione da dover prendere, specialmente per quei “investimenti di una vita”. I grafici però ci vengono incontro. L’eurirs infatti (tasso di riferimento per il fisso), ha seguito l’andamento dell’euribor e bene o male rispecchia la stessa quotazione (1).

La scelta più oculata dunque, dal punto di vista del mutuatario, per il mio modestissimo parere andrebbe verso il tasso fisso, che in un paio d’anni è crollato dal 5% al 1%. C’è però da aggiungere lo spread che ogni banca applica su questo tasso, che credo mediamente si aggiri su 2,5 – 5,5 %. Io se dovessi indebitarmi anche ad un tasso del 4% fisso per trent’anni farei questa scelta, ma la mia non deve essere presa come un parere professionale, certo solo di mettermi nei panni di molti di voi e pensare alle scelte che potrei fare.

 

NOTE

(1):L’eurirs a cui faccio riferimento nell’ultima parte del mio post riguarda l’eurirs ad un anno. Infatti, anche per l’eurirs vi sono diverse scadenze come per l’euribor. Dunque tenete ben a mente che l’eurirs in questione si riferisce a operazioni entro l’anno, quindi per essere più corretti, per un investimento trentennale la rilevazione di ieri segnava un tasso del 3,7%, ben diverso dal 1% a cui prima facevo riferimento per rendere il discorso meno intricato.

martedì 16 marzo 2010

Produzione Industriale, a volte ritorna

Il 17 ottobre scorso ho discusso, in un mio vecchio post [link], su questo dato che per molti aspetti è determinante per tutte le economie mondiali, e chiudevo tale post dicendo che, nonostante i forti rimbalzi, il nostro settore industriale la crisi l’aveva subita molto di più e anche molto prima della crisi finanziaria. A questo punto, ho voluto rispolverare i vecchi grafici e riaggiornargli… secondo voi le cose saranno cambiate?

Prodind_mar10

Sembra strano a dirsi, ma come ritmi di crescita l’industria italiana sta cominciando a correre come gli Usa, o perlomeno hanno ridotto il gap che si era formato tra ottobre 2008 e settembre 2009. Ogni tanto, almeno su insensibili dati economici, una buona notizia per l’economia italiana e per i tutti cassintegrati.

martedì 9 marzo 2010

Delinquency rate e ripresa del credito al consumo

In questi mesi i dati sono diventati di fondamentale importanza. Perfino l’Economist ne ha dedicato la prima pagina pochi numeri fa. Oggi voglio condividere con voi due grafici significativi e anche contraddittori riguardo l’andamento del credito al consumo americano.

Partiamo da un’analisi terra-terra. Gli USA, è assodato, hanno basato la loro crescita sul debito. Questo boom era comunque destinato a scoppiare, come è successo a partire da Agosto del 2008 (primo mese di riduzione anno su anno del credito al consumo), e, come conseguenza, si doveva avviare una fase di delevering che doveva limitare la massa di credito esistente e spingere alla crescita del risparmio privato.
Tutto ciò è successo puntualmente per più di un anno, fino a che, il mese scorso, la Fed ha pubblicato nei suoi aggiornamenti la prima variazione positiva della variazione del credito al consumo che non avveniva ormai da 17 mesi.
Certo, si tratta solo di una variazione, che nei mesi prossimi potrebbe essere smentita da revisioni e ulteriori ricadute, ma il segnale per ora è stato mandato.
Ora però la domanda che mi son posto è: tutto quel processo di delevering che dovrebbe durare più anni è già finito o è in procinto di farlo?
I fatti ci dicono questo: dal suo picco, la massa di credito è calata del 4,87 %, poca cosa rispetto all’imponente massa creditizia in circolazione. Il grafico infatti parla chiaro: il dato ha ritracciato sui livelli del 2007, dove sicuramente la situazione economica e finanziaria “permetteva” la presenza e la “solvibilità” di tali crediti.
UsConsumer credit
Ad oggi, accontentarsi di questo ritracciamento e riprendere la crescita del credito al consumo rappresenta solo un semplice rinvio di una fase reale di delevering che di fatto si è limitato ad una stabilizzazione in questi ultimi 17 mesi.
I dati che abbiamo appena analizzato ci hanno allertato che, nel prossimo futuro, potremmo assistere di nuovo alla crescita della massa creditizia. Ma i debitori, in questa situazione, come se la cavano?
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I dati sul Delinquency rate ci danno una informativa molto esplicativa della realtà. I debiti, logicamente, sono diventati più inesigibili da un anno a questa parte. Negli ultimi due mesi, però, abbiamo assistito a diversi andamenti:
  1. se da una parte gli insolventi da 30 giorni e gli atti forzosi si sono stabilizzati;
  2. gli insolventi da 60 giorni sono nettamente diminuiti;
  3. e gli insolventi di lungo termine (più di 90 giorni) sono nettamente aumentati.
In che situazione siamo allora? Dobbiamo essere ottimisti pessimisti per le insolvenze a lungo termine o pessimisti o ottimisti a breve termine? Io sono confuso. Io rimango ancora pessimista, per via dell’andamento degli ultimi mesi: non mi sembra ancora arrivato il momento di una netta inversione di marcia e al pensiero che questo avvenga in concomitanza con una massa monetaria in netta crescita, mi ricorda un circolo vizioso che pochi anni fa fece de precursore del boom di pochi anni fa.