domenica 23 gennaio 2011

Composite Leading indicator: da utilizzare solo quando fa comodo

Oggi rianalizziamo un importantissimo leading indicator, che viene spesso abusato dalla classe politica italiana (il Premier) per avallare l’attività del suo governo, per poi abbandonarlo nei momenti in cui non fa più il suo gioco.

Ebbene, questo indicatore è il Cli dell’Ocse. L’hanno scorso, ad ogni pubblicazione, il governo e la stessa stampa riecheggiavano le ottime prospettive per l’economia italiana, ma poi per mesi più nulla (il mio ultimo aggiornamento era stato fatto a novembre, forse proprio perché anch’io casco nel giochetto della nostra stampa italiana).

Allora prendiamoci la briga di vedere cosa sia cambiato da novembre a oggi. Prima un riepilogo generale.Note Come si può vedere dal grafico, il Cli, dopo essersi stabilizzato per i mesi centrali dello scorso anno in tutte e tre le zone economiche principali, ha ripreso a crescere, specialmente oltreoceano, mentre l’Europa e l’Asia stanno riprendendo la via battuta dagli Stati Uniti.Note1 Passiamo ora ad analizzare più specificatamente l’andamento dell’indice. Per l’Italia, come già ripetuto, l’indice ha “piccato” esattamente un anno fa, a gennaio 2010. Infatti l’ultimo intervento che venisse usato dai giornale o dallo stesso governo per sottolineare il positivo andamento dell’indice è registrabile a novembre 2009 (almeno da una mia ricerca veloce su internet). Da gennaio in poi, evidentemente, non faceva più comodo sottolineare l’andamento laterale negativo dell’indice, ma guarda caso a fine anno la borsa italiana ha perso il 12% di capitalizzazione e il Btp decennale da un rendimento intorno al 4% è arrivato a fine 2010 alla soglia del 5% (di certo non grazie al buon andamento economico)!

Anche la grande Germania, occorre sottolinearlo, ha stabilizzato l’indice negli ultimi mesi, ma tale indice in primis non è sceso e poi ha toccato il picco ben 6 mesi dopo l’Italia. La Cina invece sembra in via di recupero (recupero da cosa??? In effetti non si era mai fermata!). Molti economisti ancora oggi ritengono che la Cina stia crescendo troppo velocemente e bisognerebbe ridurre i tassi di crescita a livelli più sostenibili in maniera da tenere a bada l’inflazione. Il passaggio dal +12% di inizio 2010 all’attuale +10% è già un buon segnale, anche se il Cli di questo andamento ne aveva già tenuto conto (l’indice nel 2010 è passato da 101,8 a 100,6 circa a novembre).

L’intonazione globale dei paesi Ocse però rimane positiva, quindi ormai bisogna “certificare” che il rischio del famoso double dip (che io stesso ritenevo molto probabile) per ora è del tutto svanito. Speriamo solo che la crescita economica che ci appresteremo ad avere nel prossimo anno (più in là per ora non mi spingo) sia sostenibile per i prossimi decenni.

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