mercoledì 6 luglio 2011

La vera teoria del debito pubblico

In questi mesi in cui i debiti pubblici sono nell’occhio del ciclone, la discussione riguardo la sostenibilità del debito pubblico è al centro di molte discussioni. C’è ci appoggia la linea del rigore (Tremonti) e chi quella della crescita (Brunetta); tutte e due perfettamente coerenti con l’intenzione dell’abbattimento del debito ma tutte e due di difficile applicazione, con implicazioni ovviamente anche politiche.

Oltre però questi due orientamenti di pensiero, vi è una teoria generale che difficilmente viene portata alla conoscenza dell’opinione pubblica, e merita una approfondita analisi, visto che riprende sia dei concetti dei “rigoristi” sia dei “crescisti” (certo che Brunetta la relazione non è molto valida…).

Partiamo quindi da una applicazione matematica molto semplice e poi passiamo alla relativa discussione. Cosa genera di fatto il debito pubblico? Il debito pubblico che viene a crearsi un in dato periodo (l’anno) è dato da:

Quindi si può facilmente capire che la variazione del debito combacia con il deficit, il quale viene scomposto in due parti:

  • Uno sotto il controllo del pianificatore economico, che può ridurre o aumentare la spesa pubblica e le entrate
  • L’altro fuori il controllo del legislatore, visto che egli eredita il debito del periodo precedente (D al tempo t-1) e il tasso di interesse medio sul debito è fissato dal mercato.

Ora tralasciando i passaggi matematici che vi risparmio e compiendo delle approssimazioni arriviamo ad una nuova formula, che ci porterà alla discussione vera e propria della teoria. Vediamola insieme:

Si è arrivati a tale formulazione ponendo tutto in relazione al pil (quindi inserendolo al denominatore, da notare l’uso del minuscolo) e la componente “c” di crescita economica è stata ottenuta semplificando il rapporto debito pil dell’anno precedente, che ovviamente per quanto riguarda il pil ai valori di oggi è uguale a Y oggi = Y ieri x (1+c) .

Questa formulazione ci porta quindi già ad un primo punto cruciale: come possiamo di fatto stabilizzare il rapporto debito/pil per l’anno in corso (∆dt)? Ovviamente dato che la seconda parte è una componente esogena su cui noi non possiamo influire, andremo ad intervenire sul saldo primario, ottenendo di fatto quello che viene definito il “saldo primario stabilizzaziante”(che sulla formula ha segno meno, cioè le entrate superano le spese), cioè la differenza tra entrate e uscite pubbliche al netto dei costi per gli interessi che mi permetterebbe di congelare il rapporto debito/pil. Mateticamente:

Da qui in poi si possono sviluppare tutti gli scenari possibili per ogni nazione, visto che i dati sono tutti disponibili e il Imf e l’ocse foniscono stime anche per gli anni avvenire per il pil reale.

In linea generale però vi sono due importanti scenari da analizzare, che vediamo qui di seguito: Cioè:

  • Se la crescita economica il tasso di interesse è maggiore del tasso di interesse della crescita economica(tenere conto del tasso reale), il vincolo per mantenere stabile il debito/pil è avere un avanzo primario (quello che di fatto sta attuando tremonti)
  • Se invece la crescita economica è maggiore del tasso di interesse, si possono anche fare operazioni in disavanzo (leggasi deficit), infatti i nuovi interessi saranno pagati dal nuovo debito e la crescita del pil al denominatore controbilancerà la crescita del debito. Questa infatti è la situazione più facile da gestire, definita anche come un “onest ponzi scheme”.

Ovviamente noi rientriamo per ora nel primo scenario, c’è ci obbliga a creare un saldo primario, che per il 2011 dovrebbe aggirarsi sui 1-2 miliardi di € per mantenere il debito/pil invariato (Tremonti è su questo che ha deciso di rimandare il grosso della manovra ai prossimi anni, anche perché sa che chiedere troppo oggi sarebbe troppo avventato visto che per ora la situazione del settore privato è ancora incerta). Un analisi più approfondita sulla situazione greca, italiana e spagnola potete leggerla qui in un mio post di maggio.

Quello che poi appare chiaro è il diverso peso che avrebbe una manovra per due diversi paesi con livelli di debito diversi. Infatti, posto che i due paesi da mettersi a confronto abbiano lo stesso costo del debito e la stessa crescita economica, se un paese ha il doppio del debito pubblico sul pil dovrà attuare una manovra (che in relazione al pil) dovrà essere il doppio dell’altro paese! E questa situazione la conosciamo bene…

Poi piccola postilla storica. Dal dopoguerra il tasso di crescita reale è sempre stato maggiore del tasso del debito, per cui l’applicazione di politiche in disavanzo per lo scenario espresso sopra potevano sostenere il debito. Saldo primario italiano storico su pil Dal 1981 però la situazione si rovescia, e quindi il costo del debito era maggiore della crescita del pil. Questo avrebbe dovuto comportare un cambio di politica economica indirizzata alla creazione di saldi primari… peccato che tale gap rimase per più di 10 anni, fino alle riforme del 1992-93. Se quindi invece di continuare fino al 1990 a giocare sul deficit si fossero attuate tempestivamente tagli al saldo primario, la nostra situazione sarebbe sui livelli francesi. Non sto neanche poi a evidenziarvi di chi fosse la responsabilità politica di tale esproprio a noi giovani generazioni: ormai la storia lo ha già condannato e non gli servono ulteriori condanne.

Analisi frutto della lezione universitaria tenuta dal prof. Nicola Sartor, che è stato sottogretario del ministero dell’economia sotto il ministro Tommaso Padoa Schioppa.

Diariofinanziario sta cominciando una collaborazione con il sitoRischiocalcolato che pubblicherà i miei post sul suo sito. Non cambia nulla per i lettori abituali, ma volevo informarvi e ringraziarvi, visto che è anche grazie a voi che questo blog sta ottenendo sempre più visibilità.

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