martedì 30 agosto 2011

Post rapido: il consumatore americano non perde l’abitudine di spendere ciò che non ha!

Ieri sera, leggendo i dati sui consumi americani c’era qualcosa in testa che non mi quadrava. E allora mi sono elaborato un grafico che nella sua semplicità quasi imbarazza…

consumi us e spese consumatore medio luglio 2011 Da inizio anno infatti, se un consumatore aveva 100$ di reddito e di consumi (saranno sicuramente minori in valore assoluto, ma quel che interessa è il confronto relativo), i redditi sono cresciuti meno dei consumi (102 vs 102,5$). Tale gap deve essere coperto, e visto che il tasso di risparmio delle famiglie negli ultimi mesi è fisso sui 5%, il gap viene coperto proprio dal credito al consumo, che proprio a giugno ha registrato un impennata, e per luglio non andrà meglio. Il ritorno del credito è un buon segnale certamente, ma se negli ultimi 7 mesi solo un mese il reddito disponibile era superiore ai consumi… si ritorna ai vecchi schemi, che porteranno inevitabilmente agli stessi esiti nefasti!

mercoledì 24 agosto 2011

Leading indicator – Luglio 2011

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Dopo circa 5 mesi penso sia ora di riprendere in mano i vari leading indicator che seguo nel blog e vediamo cosa riusciamo a capire dell’attuale situazione economica.

 

€UROCOIN

EUROCOIN Luglio 2011 L’€urocoin conferma la sua tendenza negativa di lungo periodo, anche se rimane al di sopra dei livelli di inizio anno. Il che comunque non esclude una fase di crescita lenta, anche se dalla interpolazione per il terzo trimestre del 2011 su base annua è previsto una forte accelerazione attorno al + 2,7%.

 

OCSE COMPOSITE LEADING INDICATOR

OCSE CLI Giugno 2011Qui la situazione si complica. Due delle tre macroregioni globali ( l’Europa e l’Asia) da inizio anno mostrano segni di cedimento, mentre l’intero nord America sembra tenere. Se prendiamo poi come confronto la variazione tendenziale, i dati che ci vengono forniti cominciano ad essere ormai preoccupanti. ocse cli 2 Infatti sia l’Asia che l’Europa segnano una variazione negativa su base annua, e tutto fa presagire una continuazione di tale trend visto come la borsa nel mese di luglio ha reagito sulla crisi del debito europeo e alla paura di un nuovo rallentamento economico. Tanto per evidenziare la rilevanza di questo indicatore, basti pensare che la prima variazione negativa congiunturale del pil europeo degli ultimi 5 anni si è registrata il secondo trimestre del 2008, e il Cli era già negativo per la zona euro da fine 2007.

Volendo evidenziare i cali tendenziali più importanti del Cli (composite leading index) registrati a giugno 2011, essi sono da attribuirsi a: Finlandia, Italia, Corea, Brasile e India (queste ultime due fortemente negative). Buoni dati, ancora in crescita da Sud Africa, Russia, Stati Uniti, Slovacchia.

OCSE composite indicator italia cina germania giugno 2011

venerdì 12 agosto 2011

Bilancia commerciale e produzione industriale in chiaro scuro…

La bilancia commerciale italiana a giugno 2011 continua il suo recupero dai minimi di gennaio. Una tendenza molto interessante, anche perché sembra in controtendenza ai dati macroeconomici che segnalerebbero un forte rallentamento (che avverrà).
Bilancia commerciale italiana giugno 2011

martedì 9 agosto 2011

Sentiment e paura di Double Dip

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In questi giorni non ho postato molto. Le ferie e l’attuale situazione economica mi hanno tenuto giustamente lontano dal blog.

Gli argomenti però non mancano ed è ora di fare un corposo aggiornamento. Riprendo quindi il mio indicatore di sentiment globale (che ho chiamato, come i lettori più assidui sanno, IMZ) e che non aggiorno da aprile scorso.

imz Son passati tre mesi e si sono sentiti. Il mio personale indicatore (che è formato dalla combinazione di vari indicatori globali di sentiment) già da maggio dello scorso anno era girato in negativo, anche se la situazione sembrava in stabilizzazione.

Questo scrivevo aprile scorso:

Il superindice sulla fiducia globale (da me creato) continua la sua discesa. Ad aprile infatti il livello registrato è stato di 187,8, –17% rispetto un anno fa e –2,6% rispetto marzo scorso. La discesa comincia ad accelerare e la tendenza, evidenziata dalla media mobile tratteggiata, è già segnata da giugno dello scorso anno.

E infatti la discesa è continuata, lambendo il livello cruciale che fa da spartiacque: 160. Sotto tale livello infatti (160-170) la probabilità che si registri una crescita negativa su base trimestrale per gli Usa è molto alta. Questo grazie ad una correlazione molto forte (r2 > 0,68) che c’è tra l’Imz e la crescita trimestrale reale del Pil Americano.

Se ciò non bastasse è molto interessante dare un occhiata ad un etf che io detengo in portafoglio e che quindi ho sempre sotto osservazione. Si tratta di un etf sui bond con lunga duration (15-30 anni) dell’area euro.Ishares Barcap Eur Government Bond 15 30   Borsa Italiana Negli ultimi 3 giorni tale fondo ha avuto una accelerazione al rialzo di circa 3,5%; un immensità per un fondo obbligazionario (anche se sulle scadenze lunghe ovviamente ci si può aspettare tale volatilità). Certo, mi si potrà dire che tale impennata sia stata generata dallo switch proveniente dagli Usa (che hanno perso la tripla A) verso titoli tripla A europei (Francia, Germania e Olanda) o dall’intervento della Bce sul mercato per acquistare Btp italiani (circa il 25% del fondo). Sul primo punto non avrei niente da obbiettare, ma sul secondo punto metterei qualche punto di domanda, perché se fosse vero il fondo nell’ultimo periodo dovrebbe essersi ritrovato a livelli molto inferiori rispetto alla lateralizzazione degli ultimi 3 mesi.

Ritornando però alla aspetto centrale dell’importante movimento di questo fondo, bisogna anche ricordare che in due giorni anche l’indice tedesco ha perso 10%, quindi ora il mercato secondo il mio modestissimo parere non sta più solo scontando l’eventualità di un “big default” in Europa, ma anche una ormai non più remota possibilità di “double dip” o recessione.

Fatto che coinciderebbe con la possibilità di una riduzione dei tassi già dal prossimo mese. Infatti, dai calcoli che Ishares fornisce sul suo sito, questo fondo ha una duration modificata ad oggi del 13,50%. Questo vuol dire che ad una variazione di 1% dei tassi, il fondo si muove percentualmente in senso opposto del 13,5%. In questi ultimi 2 giorni la variazione positiva del 3,5% coinciderebbe con una riduzione dei tassi di circa 25-30 punti base.

A settembre si ritornerà al 1,25%?

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martedì 26 luglio 2011

15 marzo 2011: la data di non ritorno per l’intera economia italiana

Tutti in questi giorni sono concentrati ad analizzare e spulciare i conti della manovra economica record appena varata, ma molti si sono dimenticati di un avvenimento che pochi mesi fa ha di fatto messo le basi per un stravolgimento economico che cambierà il nostro paese per il prossimo ventennio…
In quel di Bruxelles, il famoso 15 maggio, si tenne un €cofin che mi permetterei di descrivere rivoluzionario. Il perché di tale aggettivo o si può dedurre dalle agenzie che in quel giorno giravano, come questa:
Il 'pacchetto' passa ora al vaglio dell'Europarlamento (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Bruxelles, 15 mar - Per la prima volta viene reso operativo il parametro del debito pubblico che mai finora ha fatto scattare una procedura per deficit eccessivo. In futuro (la norma del debito entrerà in vigore tre anni dopo la fine delle procedure in corso per deficit eccessivo) un paese potrà essere posto sotto stretta sorveglianza europea se il debito/pil non scende a un ritmo soddisfacente verso il 60% e questo anche se il deficit pubblico e' inferiore al 3%. Nel caso dell'Italia il deficit deve essere portato al (o sotto) il 3% del pil entro il 2012 … Visualizza altro
In poche parole se dalla nascita dell’euro ci si era focalizzati solo sul deficit/pil, lasciando di fatto il debito/pil nell’ombra. Ora si riprende il mano il trattato di Maastricht e si applica la previsione di quel trattato vecchio ormai di 20 anni, cioè ricondurre il debito/pil di ogni nazione europea sotto il 60%. Non chiedetemi perché proprio ora, visto che nel trattato è scritto e previsto dalla nascita dell’euro.
Questo però cosa comporterà ai nostri conti pubblici? Vediamo di analizzarlo con un mio personale scenario (molto semplicistico)
NOTA: lo stesso accordo stipulato dall’ecofin prevede che il ritorno all’interno del 60% del debito/pil debba realizzarsi in un ventennio, che io ipotizzo dal 2011 a 2032. La correzione che io simulo viene rivista di anno in anno e non è la semplice divisione aritmetica del debito da ridurre diviso i 20 anni. Una sorta di impatto proporzionale della correzione da qui ai prossimi 20 anni. Sempre in via previsionale, è stata stimata una crescita media del pil di 1%. Per tale ragione la mia stima porterebbe al 2032 il debito/pil ad aggirarsi attorno al 70% e il totale delle manovre risulterebbe nettamente inferiore all’attuale differenza ad oggi di debito eccessivo (970 miliardi).
diminuzione del debito entro il 60% su pil - Italia  Come vedete già da quest’anno al 2012 servirebbero circa 59 miliardi solo per la riduzione di 1/20 del debito in eccesso (dal 60% all’attuale 120%). Una tale manovra, orientata solo alla diminuzione del debito (quindi implica deficit nullo), porterebbe già nel 2012 ad un ratio di 117%: un bel passo in avanti insomma. Però non bisogna dimenticare che tali entità di manovra devono essere indirizzati solo ed esclusivamente a ridurre il debito, il che non è possibile finché l’Italia è in deficit (sicuramente fino al 2014, lo dice lo stesso Tremonti e la finanziaria). Quindi, per così dire, tali manovre rappresentano il minimo di ogni finanziaria per i prossimi 20 anni, posto che l’economia non entri mai in recessione nei prossimi 20 anni (il che è di fatto di difficile previsione) e quindi non vi sia più ricorso al deficit-spending.
Queste sono cifre che per uno che conosce un po’ i conti pubblici dovrebbero far prendere paura, perché ad esempio tale manovra da 59 miliardi di euro equivarrebbe a tagliare di netto tutte le spese infrastrutturali italiane, che valgono all’incirca 54 miliardi.
Ovviamente tali manovre dovranno essere finanziate dallo Stato. Ma come verranno finanziate? E qui viene l’aspetto più preoccupante che l’italiano medio dovrebbe conoscere. Anche qui potrebbero venire in aiuto degli scenari ipotetici, che di fatto però propongono una situazione economica italiana ai limiti dell’inverosimile! Inverosimile perché, si voglia o no, la dimensione delle manovre da qui a 20 anni dovrà corrispondere a circa 545 miliardi di euro complessivi (secondo i miei calcoli che però mi portano ad un obbiettivo intermedio del 70% debito/pil)
PRIMO SCENARIO: TAGLI ALLA SPESA
Il primo scenario sarebbe quello di finanziare tali manovre solo ricorrendo ai tagli di spesa (ospedali, consumi, posti di lavoro nel pubblico impiego,…). Tale scelta comporterebbe quindi un taglio netto negli anni di 545 miliardi, portando il rapporto della spesa pubblica sul pil dal 50,5% al 12,4%. Un passaggio troppo drastico anche se diluito in un ventennio e politicamente irrealizzabile.
SECONDO SCENARIO: DISTRIBUIRE LA MANOVRA EQUAMENTE TRA TAGLI ALLA SPESA E AUMENTI DELLE ENTRATE
Altra soluzione potrebbe essere quella di ipotizzare un finanziamento di tale manovre basato sia sul taglio di costi che sull’aumento delle entrate.

Se appare ancora impensabile una riduzione della spesa pubblica sul pil su valori vicini al 26% (valori che pochi stati sviluppati ad ora riescono a garantire, ovviamente con un welfare strutturato diversamente dal nostro), chi si può immaginare un pressione fiscale totale entrate sul Pil che per una decina d’anni rimanga a ridosso del 50% 53,5% della ricchezza prodotta? [Laffer]
Quest’ultima ipotesi resta però la più probabile, perché di fatto può basare il suo finanziamento sulla ricchezza (e i risparmi) privati (COSIDETTA PATRIMONIALE), ed essere poi riscossa in maniera quasi immediata e quindi offrire maggiori garanzie. Quindi, da tale analisi è più che ovvio che da qui al 2015 una qualsiasi forma di tassa patrimoniale dovrà essere applicata, e non sarà sicuramente una-tantum. Il tutto sempre che vi sia una crescita media del 1% del pil, altrimenti… la situazione diverrebbe di fatto insostenibile e il default italiano inevitabile.