martedì 26 luglio 2011

15 marzo 2011: la data di non ritorno per l’intera economia italiana

Tutti in questi giorni sono concentrati ad analizzare e spulciare i conti della manovra economica record appena varata, ma molti si sono dimenticati di un avvenimento che pochi mesi fa ha di fatto messo le basi per un stravolgimento economico che cambierà il nostro paese per il prossimo ventennio…
In quel di Bruxelles, il famoso 15 maggio, si tenne un €cofin che mi permetterei di descrivere rivoluzionario. Il perché di tale aggettivo o si può dedurre dalle agenzie che in quel giorno giravano, come questa:
Il 'pacchetto' passa ora al vaglio dell'Europarlamento (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Bruxelles, 15 mar - Per la prima volta viene reso operativo il parametro del debito pubblico che mai finora ha fatto scattare una procedura per deficit eccessivo. In futuro (la norma del debito entrerà in vigore tre anni dopo la fine delle procedure in corso per deficit eccessivo) un paese potrà essere posto sotto stretta sorveglianza europea se il debito/pil non scende a un ritmo soddisfacente verso il 60% e questo anche se il deficit pubblico e' inferiore al 3%. Nel caso dell'Italia il deficit deve essere portato al (o sotto) il 3% del pil entro il 2012 … Visualizza altro
In poche parole se dalla nascita dell’euro ci si era focalizzati solo sul deficit/pil, lasciando di fatto il debito/pil nell’ombra. Ora si riprende il mano il trattato di Maastricht e si applica la previsione di quel trattato vecchio ormai di 20 anni, cioè ricondurre il debito/pil di ogni nazione europea sotto il 60%. Non chiedetemi perché proprio ora, visto che nel trattato è scritto e previsto dalla nascita dell’euro.
Questo però cosa comporterà ai nostri conti pubblici? Vediamo di analizzarlo con un mio personale scenario (molto semplicistico)
NOTA: lo stesso accordo stipulato dall’ecofin prevede che il ritorno all’interno del 60% del debito/pil debba realizzarsi in un ventennio, che io ipotizzo dal 2011 a 2032. La correzione che io simulo viene rivista di anno in anno e non è la semplice divisione aritmetica del debito da ridurre diviso i 20 anni. Una sorta di impatto proporzionale della correzione da qui ai prossimi 20 anni. Sempre in via previsionale, è stata stimata una crescita media del pil di 1%. Per tale ragione la mia stima porterebbe al 2032 il debito/pil ad aggirarsi attorno al 70% e il totale delle manovre risulterebbe nettamente inferiore all’attuale differenza ad oggi di debito eccessivo (970 miliardi).
diminuzione del debito entro il 60% su pil - Italia  Come vedete già da quest’anno al 2012 servirebbero circa 59 miliardi solo per la riduzione di 1/20 del debito in eccesso (dal 60% all’attuale 120%). Una tale manovra, orientata solo alla diminuzione del debito (quindi implica deficit nullo), porterebbe già nel 2012 ad un ratio di 117%: un bel passo in avanti insomma. Però non bisogna dimenticare che tali entità di manovra devono essere indirizzati solo ed esclusivamente a ridurre il debito, il che non è possibile finché l’Italia è in deficit (sicuramente fino al 2014, lo dice lo stesso Tremonti e la finanziaria). Quindi, per così dire, tali manovre rappresentano il minimo di ogni finanziaria per i prossimi 20 anni, posto che l’economia non entri mai in recessione nei prossimi 20 anni (il che è di fatto di difficile previsione) e quindi non vi sia più ricorso al deficit-spending.
Queste sono cifre che per uno che conosce un po’ i conti pubblici dovrebbero far prendere paura, perché ad esempio tale manovra da 59 miliardi di euro equivarrebbe a tagliare di netto tutte le spese infrastrutturali italiane, che valgono all’incirca 54 miliardi.
Ovviamente tali manovre dovranno essere finanziate dallo Stato. Ma come verranno finanziate? E qui viene l’aspetto più preoccupante che l’italiano medio dovrebbe conoscere. Anche qui potrebbero venire in aiuto degli scenari ipotetici, che di fatto però propongono una situazione economica italiana ai limiti dell’inverosimile! Inverosimile perché, si voglia o no, la dimensione delle manovre da qui a 20 anni dovrà corrispondere a circa 545 miliardi di euro complessivi (secondo i miei calcoli che però mi portano ad un obbiettivo intermedio del 70% debito/pil)
PRIMO SCENARIO: TAGLI ALLA SPESA
Il primo scenario sarebbe quello di finanziare tali manovre solo ricorrendo ai tagli di spesa (ospedali, consumi, posti di lavoro nel pubblico impiego,…). Tale scelta comporterebbe quindi un taglio netto negli anni di 545 miliardi, portando il rapporto della spesa pubblica sul pil dal 50,5% al 12,4%. Un passaggio troppo drastico anche se diluito in un ventennio e politicamente irrealizzabile.
SECONDO SCENARIO: DISTRIBUIRE LA MANOVRA EQUAMENTE TRA TAGLI ALLA SPESA E AUMENTI DELLE ENTRATE
Altra soluzione potrebbe essere quella di ipotizzare un finanziamento di tale manovre basato sia sul taglio di costi che sull’aumento delle entrate.

Se appare ancora impensabile una riduzione della spesa pubblica sul pil su valori vicini al 26% (valori che pochi stati sviluppati ad ora riescono a garantire, ovviamente con un welfare strutturato diversamente dal nostro), chi si può immaginare un pressione fiscale totale entrate sul Pil che per una decina d’anni rimanga a ridosso del 50% 53,5% della ricchezza prodotta? [Laffer]
Quest’ultima ipotesi resta però la più probabile, perché di fatto può basare il suo finanziamento sulla ricchezza (e i risparmi) privati (COSIDETTA PATRIMONIALE), ed essere poi riscossa in maniera quasi immediata e quindi offrire maggiori garanzie. Quindi, da tale analisi è più che ovvio che da qui al 2015 una qualsiasi forma di tassa patrimoniale dovrà essere applicata, e non sarà sicuramente una-tantum. Il tutto sempre che vi sia una crescita media del 1% del pil, altrimenti… la situazione diverrebbe di fatto insostenibile e il default italiano inevitabile.

mercoledì 6 luglio 2011

La vera teoria del debito pubblico

In questi mesi in cui i debiti pubblici sono nell’occhio del ciclone, la discussione riguardo la sostenibilità del debito pubblico è al centro di molte discussioni. C’è ci appoggia la linea del rigore (Tremonti) e chi quella della crescita (Brunetta); tutte e due perfettamente coerenti con l’intenzione dell’abbattimento del debito ma tutte e due di difficile applicazione, con implicazioni ovviamente anche politiche.

Oltre però questi due orientamenti di pensiero, vi è una teoria generale che difficilmente viene portata alla conoscenza dell’opinione pubblica, e merita una approfondita analisi, visto che riprende sia dei concetti dei “rigoristi” sia dei “crescisti” (certo che Brunetta la relazione non è molto valida…).

Partiamo quindi da una applicazione matematica molto semplice e poi passiamo alla relativa discussione. Cosa genera di fatto il debito pubblico? Il debito pubblico che viene a crearsi un in dato periodo (l’anno) è dato da:

Quindi si può facilmente capire che la variazione del debito combacia con il deficit, il quale viene scomposto in due parti:

  • Uno sotto il controllo del pianificatore economico, che può ridurre o aumentare la spesa pubblica e le entrate
  • L’altro fuori il controllo del legislatore, visto che egli eredita il debito del periodo precedente (D al tempo t-1) e il tasso di interesse medio sul debito è fissato dal mercato.

Ora tralasciando i passaggi matematici che vi risparmio e compiendo delle approssimazioni arriviamo ad una nuova formula, che ci porterà alla discussione vera e propria della teoria. Vediamola insieme:

Si è arrivati a tale formulazione ponendo tutto in relazione al pil (quindi inserendolo al denominatore, da notare l’uso del minuscolo) e la componente “c” di crescita economica è stata ottenuta semplificando il rapporto debito pil dell’anno precedente, che ovviamente per quanto riguarda il pil ai valori di oggi è uguale a Y oggi = Y ieri x (1+c) .

Questa formulazione ci porta quindi già ad un primo punto cruciale: come possiamo di fatto stabilizzare il rapporto debito/pil per l’anno in corso (∆dt)? Ovviamente dato che la seconda parte è una componente esogena su cui noi non possiamo influire, andremo ad intervenire sul saldo primario, ottenendo di fatto quello che viene definito il “saldo primario stabilizzaziante”(che sulla formula ha segno meno, cioè le entrate superano le spese), cioè la differenza tra entrate e uscite pubbliche al netto dei costi per gli interessi che mi permetterebbe di congelare il rapporto debito/pil. Mateticamente:

Da qui in poi si possono sviluppare tutti gli scenari possibili per ogni nazione, visto che i dati sono tutti disponibili e il Imf e l’ocse foniscono stime anche per gli anni avvenire per il pil reale.

In linea generale però vi sono due importanti scenari da analizzare, che vediamo qui di seguito: Cioè:

  • Se la crescita economica il tasso di interesse è maggiore del tasso di interesse della crescita economica(tenere conto del tasso reale), il vincolo per mantenere stabile il debito/pil è avere un avanzo primario (quello che di fatto sta attuando tremonti)
  • Se invece la crescita economica è maggiore del tasso di interesse, si possono anche fare operazioni in disavanzo (leggasi deficit), infatti i nuovi interessi saranno pagati dal nuovo debito e la crescita del pil al denominatore controbilancerà la crescita del debito. Questa infatti è la situazione più facile da gestire, definita anche come un “onest ponzi scheme”.

Ovviamente noi rientriamo per ora nel primo scenario, c’è ci obbliga a creare un saldo primario, che per il 2011 dovrebbe aggirarsi sui 1-2 miliardi di € per mantenere il debito/pil invariato (Tremonti è su questo che ha deciso di rimandare il grosso della manovra ai prossimi anni, anche perché sa che chiedere troppo oggi sarebbe troppo avventato visto che per ora la situazione del settore privato è ancora incerta). Un analisi più approfondita sulla situazione greca, italiana e spagnola potete leggerla qui in un mio post di maggio.

Quello che poi appare chiaro è il diverso peso che avrebbe una manovra per due diversi paesi con livelli di debito diversi. Infatti, posto che i due paesi da mettersi a confronto abbiano lo stesso costo del debito e la stessa crescita economica, se un paese ha il doppio del debito pubblico sul pil dovrà attuare una manovra (che in relazione al pil) dovrà essere il doppio dell’altro paese! E questa situazione la conosciamo bene…

Poi piccola postilla storica. Dal dopoguerra il tasso di crescita reale è sempre stato maggiore del tasso del debito, per cui l’applicazione di politiche in disavanzo per lo scenario espresso sopra potevano sostenere il debito. Saldo primario italiano storico su pil Dal 1981 però la situazione si rovescia, e quindi il costo del debito era maggiore della crescita del pil. Questo avrebbe dovuto comportare un cambio di politica economica indirizzata alla creazione di saldi primari… peccato che tale gap rimase per più di 10 anni, fino alle riforme del 1992-93. Se quindi invece di continuare fino al 1990 a giocare sul deficit si fossero attuate tempestivamente tagli al saldo primario, la nostra situazione sarebbe sui livelli francesi. Non sto neanche poi a evidenziarvi di chi fosse la responsabilità politica di tale esproprio a noi giovani generazioni: ormai la storia lo ha già condannato e non gli servono ulteriori condanne.

Analisi frutto della lezione universitaria tenuta dal prof. Nicola Sartor, che è stato sottogretario del ministero dell’economia sotto il ministro Tommaso Padoa Schioppa.

Diariofinanziario sta cominciando una collaborazione con il sitoRischiocalcolato che pubblicherà i miei post sul suo sito. Non cambia nulla per i lettori abituali, ma volevo informarvi e ringraziarvi, visto che è anche grazie a voi che questo blog sta ottenendo sempre più visibilità.